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Interventi dei professionisti sulle tematiche trattate

Ansia, depressione e attacchi di panico

Dr. Antonino Minervino, medico, psichiatra e psicoterapeuta

Medico, psichiatra, psicoterapeuta. Già direttore del Dipartimento di salute mentale dell’Azienda Ospedaliera di Cremona.
Direttore didattico della Scuola di specializzazione in psicoterapia conversazionale di Parma (c.i. del MIUR 205). Docente a.c di Tecniche Conversazionali presso l’Università Cattolica di Milano. Vicepresidente e segretario scientifico dell’Alta Scuola Italiana per la lotta allo stigma.
Presidente della Società Italiana di Medicina Psicosomatica (SIMP). Conduttore di Gruppi Balint. Si occupa di formazione sia per le professioni sanitarie che in ambito aziendale e di volontariato. Esercita a Parma in privato, in presenza e on line. 


Dunque, con quale sguardo sarà bene che ci si rivolga all’adolescenza? Sicuramente uno sguardo affettuoso e tollerante, perché adolescenza è crescere, cambiare, diventare qualcosa d’altro. Non siamo mai abbastanza pronti a riconoscere nell’adolescenza semplicemente una fase della vita, che abbiamo avuto tutti, ma forse lo abbiamo dimenticato. E, soprattutto nel momento in cui abbiamo dei figli adolescenti, sembriamo non ricevere più nessun ricordo della nostra adolescenza.

Cos’è l’adolescenza

L’adolescenza è pertanto un momento bellissimo, carico di energia, però anche molto delicato. Inizia intorno ai dieci-undici anni e finisce intorno ai venti. Qualche decennio fa, a diciannove anni si lavorava, si era indipendenti, si metteva su famiglia, si era già decisamente adulti. Oggi a diciannove-venti anni è molto più facile vedere ragazzi che hanno il forte desiderio di capire qual è il loro modo di essere adulti, anche se non lo sono ancora, e non lo sono non solo perché non è maturata la loro parte biologica e psicologica, ma soprattutto perché non è matura una restituzione da parte della società che si è sicuramente spostata su altri modelli e altri paradigmi.

Epoca di cambiamenti

Quindi, l’adolescenza è un momento di forte cambiamento, cambia il corpo, il cervello ha una spinta a ventosa per raggiungere dei livelli di maturità, cambia dentro tutto, il metabolismo, gli ormoni, e in tutto questo i ragazzi e le ragazze cercano di capire che cosa succede loro. Cercano, certe volte disperatamente e altre volte, con molta più fortuna, di avere dai pari e dalle loro famiglie, dei segnali di ritorno che questi cambiamenti siano riconosciuti, non solo da loro ma anche dagli altri.

Siamo in un’epoca di cambiamenti, ma l’adolescenza non è certo l’unica epoca in cui questo avviene; anche in età adulta ci sono dei cambiamenti, ma la vera differenza è che nell’adolescenza i cambiamenti sono tumultuosi, intensi, per certi versi drammatici, e l’adolescente non ha ancora maturato gli strumenti per poterli gestire. I cambiamenti sono vissuti intensamente, e non gestiti.

Il bisogno di contenitori. La nascita dei conflitti

Da adulti, ci si augura che i cambiamenti vengono gestiti, ma la dotazione, in termini di strumenti per la gestione del cambiamento, è notevolmente diversa. Quindi, gli adolescenti sono bisognosi di grandi e tolleranti contenitori, all’interno dei quali vivere questi cambiamenti senza che ciò si trasformi in una fonte di preoccupazione, che poi diventa ansiogena e giunge addirittura ad aggredisce l’umore. E i grandi contenitori che dovrebbero essere capaci di dare sicurezza durante questi cambiamenti, come la famiglia, la scuola, la società e soprattutto il gruppo dei pari, sono quelli dai quali l’adolescente ha bisogno di cominciare a staccarsi, di andare verso momenti di emancipazione, di costruzione della propria identità indipendente, pur sapendo che c’è un porto sicuro verso il quale tornare. Proprio perché l’adolescente ha bisogno di contenitori capaci e tolleranti, succede che si creano dei conflitti, con i genitori, con gli altri componenti della famiglia, con la scuola, conflitti un po’ con tutte quelle figure che dovrebbero rappresentare l’autorità. E quando si entra in questi conflitti, spesso, lo sguardo giudicante, poco tollerante, scarsamente portato all’ascolto piuttosto che alla critica, può creare delle crepe all’interno delle quali gli adolescenti si infilano e si chiudono. Così il dialogo smette di essere un dialogo proficuo e si innestano delle spinte centrifughe che portano i ragazzi e le ragazze fuori, come è naturale che sia e come è bene che sia. Ma è un fuori che non lascia spesso la porta aperta per un ritorno rassicurante. Da questo punto di vista, andare fuori per cercare di costruire la propria identità nei gruppi di pari, compagni di classe, gli amici che si fanno durante le altre esperienze, è una tappa molto importante, perché lì ogni adolescente si misura con se stesso, confrontandosi con gli altri e cercando di trovare con gli altri gli elementi che sono necessari alla costruzione della propria identità.

Ognuno di noi può costruire la propria soggettività attraverso il cumulo di esperienze che nell’esistenza facciamo, è dalla qualità di queste esperienze che dipende l’intima natura della nostra soggettività. Questo vale da sempre, da quando veniamo al mondo, fino a quando lasciamo il mondo.

I problemi degli adolescenti. L’oscillazione dell’umore

Ora parliamo un po’ di alcuni aspetti che, se compaiono, e spesso compaiono, possono essere fonte veramente di grande preoccupazione per la famiglia, per la scuola, per chi è nella condizione di rilevarli: parliamo di depressione, di ansia, di attacchi di panico.

Prima di parlare di depressione, forse varrà la pena di chiarire che cos’è l’umore e cercare di avere insieme un punto di riferimento per riconoscere come l’umore varia in termini fisiologici, non patologici. Questa concezione dell’umore che oscilla naturalmente nel corso della vita è una prerogativa dell’essere umano. E’ naturale che l’umore oscilli e che accompagni con la sua oscillazione il colore delle nostre esperienze: è naturale essere tristi, per esempio, se si ha una perdita, una delusione; è naturale essere molto allegri se si ha motivo di gioia per quello che si vive.

Bene, in queste oscillazioni, cade anche l’adolescente, anzi non cade, è diritto dell’adolescente avere queste oscillazioni dell’umore, per cui, provate a immaginare che cosa può essere per una ragazza o per un ragazzo confrontarsi con alcuni cambiamenti, abbastanza improvvisi e importanti del proprio corpo, per esempio della propria sessualità. Cosa può essere il vissuto del menarca, che è una delle tappe che segnano l’ingresso verso una vita adulta e matura da un punto do vista sessuale. Cosa può essere, per un ragazzo, vedere il proprio corpo improvvisamente cambiare perché compare la peluria, o cambia la voce, o cambia l’assetto muscolare.

Possono essere dei vissuti di perdita di un’immagine di sé che è stata così rassicurante per tanti anni, che ci ha permesso di ricevere coccole e tenerezze, che adesso non ci sono più: questa è un’occasione di perdita. Se c’è della tristezza, se c’è una caduta dell’umore, non bisogna preoccuparsi, è un’evenienza naturale. Così come veder tornare il proprio figlio o la propria figlia da scuola, tristi, col magone, perché c’è qualcosa che è andato male: non è depressione, è la naturale risposta dell’umore a quella specifica esperienza. Allora per evitare che si creino equivoci, come potete immaginare, è importante sapersi parlare, è importante che gli adolescenti trovino nella famiglia, ma anche nella scuola, uno spazio sufficientemente libero, tollerante, disposto all’ascolto, per poter dire di sé e della propria tristezza. Se il ragazzo o la ragazza hanno la tendenza ad andarsene in camera, a stare isolati, non bisogna preoccuparsi, per quella tristezza, per quella caduta dell’umore, bisogna fare spazio e dare messaggi di ascolto, di accoglienza, non di critica e non di giudizio.

La differenza con la semplice oscillazione d’umore

Diverso è se quello che ci capita di osservare non ha le caratteristiche che ho appena finito di descrivere. Perché vedete, per cominciare a preoccuparsi che l’oscillazione dell’umore non sia quella normale ma rappresentata un momento di disagio o addirittura la premessa di un vero e proprio disturbo depressivo, bisogna che questi cambiamenti d’umore siano più stabili, persistenti, e non più così direttamente legati a un’esperienza che li ha provocati. Allora sì che bisogna al di là dell’ansia e della preoccupazione che può venire ai genitori, lasciare spazio a quest’esperienza, avvicinarsi ai ragazzi cominciando a dare loro supporto e soprattutto un messaggio chiaro che ciò che sta succedendo non fa di loro delle persone diverse, e per quel che sta succedendo loro, ci sono strumenti per comprendere e curare.

La depressione

La depressione negli adolescenti, non è un’evenienza così rara. La depressione come malattia negli adolescenti ha una percentuale che varia, negli studi che hanno valutato questo numero per la popolazione europea, fra il 4 e il 7%. E poi non c’era bisogno che arrivasse il covid per aumentare questa percentuale e non c’era bisogno della guerra. Sono due grossi elementi di contesto che hanno reso ancora più fragili molte ragazze e molti ragazzi di quest’epoca.

Per la depressione bisogna ricordarsi che, se presa precocemente, gli strumenti di cura sono infinitamente efficaci: come approcci psicoterapici, se la depressione è di grado lieve e moderata; ma non bisogna avere pregiudizi ad usare i farmaci, perché se la depressione è importante, alla ragazza e al ragazzo va restituito il diritto alla vita anche usando i farmaci.

L’ansia occasionale

Stesso discorso lo dobbiamo fare per l’ansia. Una piccola premessa riguarda l’ansia come grande dono della natura. Se siamo esposti a un’esperienza che viviamo come minacciosa, che ha comunque il sapore di un pericolo, madre natura ci ha dotato di un sistema di attivazione che ci consente di mettere a disposizione per quel pericolo o minaccia, tutto il nostro potenziale biologico e psicologico; e quindi ci rende più performati. L’ansia e lo stress, da questo punto di vista, non vanno immediatamente colti come segnali di pericolo o di preoccupazione. L’ansia di una prestazione scolastica, l’ansia di uscire per la prima volta in discoteca, l’ansia di ritrovarsi per le prime volte con quella ragazza o quel ragazzo che ci fa tanta simpatia: sono tutti battesimi di una vita ancora non così adulta, ma già abbastanza adulta da dover preoccupare. Quella è un’ansia, in definitiva, che aiuta ad affrontare le nuove esperienze.

Il disturbo d’ansia

Certo, diverso è il discorso quando l’ansia, come per la depressione, comincia a essere una compagna sgradita, persistente, dell’esperienza della ragazza o del ragazzo. E allora vedrete che invece di essere occasionale, comincia a diventare qualcosa che si slega da ciò che può essere l’estemporanea preoccupazione per il compito a scuola o l’uscita tanto attesa, ma resta nello sfondo come una compagna sgradevole e sgradita, perché abbassa le capacità dei giovani, tendendo a farli rinchiudere, a renderli nervosi, ancora più insonnie di quanto magari non lo siano già.

Bene, allora, questo è un altro di quei momenti in cui bisogna saper aprire un dialogo con loro e soprattutto, come ho detto prima per la depressione, essere così capaci da non farli sentire giudicati, rendere loro il diritto di essere aiutati, prima in famiglia e poi attraverso un supporto specialistico.

Gli attacchi di panico

Nell’ambito dell’ansia, una parte particolare la svolge il disturbo di attacchi di panico. È un’esperienza violenta, drammatica, perché lì l’ansia arriva d’improvviso con un’intensità inimmaginabile, si veste di sintomi corporei e poco psicologici, tanto da far temere che sia in atto o in corso una grave malattia del fisico, perché c’è la tachicardia, un’intensa sudorazione, una mancanza di aria, un senso di morte imminente. In quest’occasione, bisogna essere immediatamente capaci di soccorrere, dando ritorno al ragazzo o alla ragazza che sta succedendo qualcosa di drammatico ma non di fatale, non di mortale, anche perché per l’intensità dell’attacco di panico e la sua brevità, resta una traccia nella memoria, nell’esperienza, che poi è molto difficile da cancellare.

Anche qui è fondamentale che i ragazzi ricevano subito un messaggio rassicurante. Inoltre, non bisogna mai dimenticare che bisogna parlare con i medici, col proprio pediatra, col proprio medico di riferimento, e ricorrere agli specialisti per la salute psicologica, perché loro hanno gli strumenti per poter dialogare con i genitori e con i figli.

 

Bibliografia:

Minervino A. (2012), Pregiudizio e terapie, Alpes Italia
Minervino A. (2007), Il panico di profilo, MB&Care
Girardi P., Ruberto A., Minervino A. (2003), Ansia: Comprendere per curare, Giovanni Fioriti, Roma