In viaggio con Lidap.
Associarsi a Lidap fa bene (non solo a te… anche ad altri)

Da quando siamo nati, nel 1991, ogni anno chiediamo a chi ci segue di aderire al nostro progetto di auto/mutuo aiuto iscrivendosi all’associazione. Quest’anno lo chiediamo con una significativa testimonianza che viene direttamente dai gruppi a.m.a. Quelle che leggerete sono le ragioni che ci spingono a continuare la nostra attività di volontariato, per noi stessi e per tutti coloro che non vogliono perdere la speranza di uscire dal tunnel dell’ansia e del panico.

Cari amici, vi scrivo per raccontarvi di un viaggio. Non un viaggio fatto di valigie e biglietti, ma un cammino dentro me stesso che non avrei mai immaginato di poter percorrere. È iniziato nel momento in cui ho deciso di sedermi in cerchio, tra persone sconosciute, in un gruppo di auto/mutuo aiuto. Ero terrorizzato, lo ammetto. Ansia e panico erano compagni di viaggio che non mi davano tregua. Ma quella sera, spinto dalla disperazione e da una speranza che sembrava troppo debole, ho varcato quella soglia.
Le prime parole le ho ascoltate, non dette. Mi sembrava più sicuro così. C’era una donna che parlava della sua paura di salire sull’autobus, e un uomo che raccontava del cuore che gli batteva forte come un tamburo senza motivo. E poi, c’era il silenzio che seguiva ogni racconto. Non era un silenzio vuoto, ma denso, pieno di rispetto e di comprensione. A poco a poco, ho iniziato a parlare anche io. Non ricordo esattamente quando. Forse è successo perché ho sentito che nessuno mi giudicava. Forse perché in quegli sguardi c’era qualcosa che non avevo mai trovato altrove: l’empatia di chi conosce il buio. Parlavo, e più parlavo, più mi sentivo leggero. Non era magia, ma era reale.
I giorni fuori dal gruppo non sono diventati subito facili. L’ansia non se ne è andata all’improvviso, ma qualcosa in me stava cambiando. Ogni incontro era come un piccolo mattone che aggiungevo al mio senso di sicurezza. Ho imparato che non ero solo e che non ero sbagliato. Ho imparato che c’erano strumenti e strategie, che potevo ascoltare gli altri e prendere spunti per affrontare i miei momenti difficili.
Il gruppo non è una “cura”, questo lo sai. Ma è un rifugio. È il posto dove puoi essere vulnerabile senza sentirti debole, dove puoi piangere e ridere nella stessa sera. È il luogo dove le tue paure trovano spazio per esistere, ma non per dominarti… e alla fine tutto ciò diventa anche una “cura”.
Se stai leggendo questa lettera, forse anche tu conosci il peso dell’ansia e la morsa del panico. Forse hai esitato, come ho fatto io, prima di varcare quella soglia. Io ti dico: fallo. Entra. Siediti. Ascolta. Parla, quando ti sentirai pronto. Non è un miracolo, ma è un dono.

E alla fine, troverai qualcosa che non sapevi di cercare: te stesso, più forte di quanto credessi.

Con affetto, Ernesto (un compagno di viaggio).

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