L’attacco di panico
Un’esperienza a dir poco sconvolgente, impossibile da descrivere senza averla vissuta in prima persona. Altrimenti si può solo immaginare che cosa significhi avere un attacco di panico, ovvero provare contemporaneamente una serie di sintomi come tachicardia, sudorazione eccessiva con vampate di calore, difficoltà a respirare, dolori al petto, paura di impazzire o di morire, estraniamento dalla realtà. L’attacco di panico può essere definito come un’improvvisa crisi di ansia estrema. Può durare da qualche minuto a mezz’ora, ma comunque scompare spontaneamente. lasciando prostrati e con la paura che succeda di nuovo.
Soccorrere qualcuno che si trova nel bel mezzo di un attacco di panico non è semplice perché richiede una buona conoscenza del problema (serve a non confonderlo con un attacco di cuore o una crisi epilettica) e una buona dose di calma.
Cercare di rassicurare la persona
La crisi prima o poi passa da sola e non ci sono pericoli per la salute. Lo sa benissimo anche chi sta male, ma è molto importante che se lo senta dire, perché in questi momenti è impossibile essere razionali. Il desiderio di rassicurazione è molto forte; perciò è necessario fare di tutto per mettere la persona che ha l’attacco di panico nell’atteggiamento mentale che entro pochi minuti si sentirà meglio. Evitare dunque mosse che potrebbero ulteriormente allarmarla, come per esempio chiamare il 118 o misurarle la pressione: i valori saranno sicuramente alti, ma non certo legati a problemi fisici.
Farla parlare di ciò che prova
Alcuni sintomi dell’attacco di panico, come per esempio la sensazione di perdere familiarità e il contatto con l’ambiente esterno oppure di sentirsi distaccati da sé, oltre a spaventare molto creano spesso imbarazzo. La persona quindi rischia di stare ancora peggio perché si vergogna a parlarne e pensa di essere ormai sull’orlo della follia.
Il soccorritore ha invece il compito di incoraggialo a esprimere i suoi sintomi, facendole capire che durante la crisi è assolutamente normale provare determinate sensazioni, che proprio nulla hanno a che fare con la pazzia.
Incoraggiarla a respirare lentamente
A questo punto, si mette in atto una tecnica di rilassamento mirata a modificare la respirazione, che durante l’attacco di panico tende a essere superficiale e molto frequente (iperventilazione). Bisogna inspirare profondamente, interrompere per un attimo e poi fare lunghe espirazioni: in questo modo si riduce l’ossigenazione e si riequilibra la concentrazione di anidride carbonica a livello del sistema nervoso centrale, in eccesso quando c’è una crisi di panico. Aiuta di più a rilassarsi se mentre si respira non si sta fermi e sdraiati, ma si cammina avanti e dietro.
Distrarla con la visualizzazione
Poiché i sintomi di un attacco di panico vengono sempre ingigantiti, un’ottima startegia per ridimensionarli è una tecnica che si chiama visualizzazione positiva. Si tratta di suggerire alla persona che ha l’attacco di panico di chiudere gli occhi e di richiamare alla mente un’immagine o una situazione per lei piacevole e di concentrarsi su di essa. In questo modo l’attenzione viene distolta dalla percezione abnorme dei sintomi e focalizzata su sensazioni positive che inducono al rilassamento
L’agorafobia e l’evitamento
L’attacco di panico predilige le giovani donne e in genere fa il suo esordio tra i 20 e i 30 anni. E’ più comune in periodi delicati della vita, come l’allattamento, una separazione, un lutto.
Si parla di disturbo da attacco di panico (Dap), di cui soffre l’1-2 per cento della popolazione, quando le crisi si ripetono con una certa frequenza e sono accompagnate da agorafobia, ovvero la fobia di tutti quei luoghi, chiusi o aperti, in cui è difficile essere soccorsi o da cui è impossibile o imbarazzante allontanarsi (metropolitane, treni, supermercati, gallerie, posti affollati).
Si sviluppa così la cosiddetta “condotta di evitamento”, ossia si evitanoluoghi e situazioni in cui si sa che si potrebbe avere una crisi fino, nei casi più seri, a non riuscire più a uscire di casa.
Agire su più fronti
Uscire dal tunnel dell’attacco di panico si può, ma per farlo è necessario liberarsi dai meccanismi che sono alla base della paura agendo su più fronti, ovvero farmaci, psicoterapia e gruppi di auto-aiuto. I farmaci utilizzati sono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (Ssri), che agiscono a livello del sistema nervoso centrale e tengono i sintomi sotto controllo. La terapia cognitivo comportamentale è un tipo di psicoterapia che insegna a modificare gli atteggiamenti nei confronti dei luoghi che innescano l’evitamento. I gruppi di auto-aiuto coinvolgono persone con lo stesso problema, che si riuniscono per condividere sofferenze e progressi della malattia
di Stefania Ferrari con la consulenza della Professoressa Laura Bellodi, Preside della Facoltà di Psicologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele, Professore Ordinario di Psichiatria, Direttore del Centro per i Disturbi Alimentari dell’Ospedale S. Raffaele, Direttore del Centro per i Disturbi d’Ansia dell’Ospedale S. Raffaele e consulente della Lidap odv
estratto dell’articolo pubblicato sulla rivista mensile Come stai maggio 2009